Sergej Dogadin: un astro nascente per l'archetto
Con il concerto di sabato scorso all’Auditorium della Guardia di Finanza diretto da Fabio Mastrangelo, alla guida dell’Orchestra della Provincia di Bari, si è ufficialmente chiusa la stagione sinfonica 2006-07 della Fondazione Petruzzelli. Stagione, che a causa degli scellerati tagli finanziari del precedente governo, è stata di appena sei concerti. Concerti che hanno visto alternarsi un ensemble cameristico-vocale di riconosciuto valore internazionale come la Cappella della Pietà de’ Turchini di Antonio Florio e un’orchestra di significativo prestigio (la Royal Philarmonic di Londra diretta da Daniele Gatti) ad altri quattro concerti della Sinfonica barese, diretti rispettivamente da Daniel Oren, Renato Palumbo, Piergiorgio Morandi (subentrato all’indisposto Günter Nehuold) e, da ultimo, come detto, da Fabio Mastrangelo, attuale consulente musicale della Fondazione.
Una stagione sinfonica che ha trovato nel concerto della Royal Philarmonic Orchestra del 19 marzo scorso la sua punta di diamante più preziosa. Anche in una sede come l’auditorium della finanza non proprio pensata - acusticamente parlando - per i concerti sinfonici, ma per le esibizioni di bande militari e/o per adunate di vario genere, infatti la strepitosa orchestra inglese diretta da Gatti (uno dei migliori maestri italiani in circolazione) ha regalato ai baresi una serata tutta da ricordare. Di buon livello anche la prova offerta da Fabio Mastrangelo, giovane direttore e pianista barese, che ha reso omaggio a Ciaikovskij e indirettamente al suo mentore russo (Yuri Temirkanov) con una serata dedicata al celebre concerto per violino e orchestra del geniale compositore di Votkinsk e alla sua sinfonia, almeno a mio parere, più bella, la Quinta.
Il concerto per violino si avvaleva per l’occasione del contributo di un giovanissimo virtuoso, appena diciannovenne e non ancora diplomato, proveniente dalla grande Madre Russia: Sergej Dogadin (nella foto). Giovanissimo sì, ma già straordinariamente abile con l’archetto e le dita, tanto da meritarsi sin da bambino vittorie prestigiose in numerosi concorsi, tra cui il “Glazunov” di Parigi (ad appena undici anni) e, più di recente, il “Paganini” di Mosca nel 2005. Il suddetto concerto di Ciaikovskij, si sa, è sicuramente tra i più popolari capolavori del genere. Eseguito solo tre anni dopo la sua ultimazione, a Vienna nel 1881, è poi rimasto stabilmente nel repertorio dei più noti ed eseguiti concerti violinistici. Al solista è richiesta una tecnica da scintillante virtuoso, soprattutto negli arditi passaggi del primo e terzo movimento, da eseguire paraticamente senza soluzione di continuità. Solo un’adeguata concentrazione e una perfetta padronanza dello strumento, consentono di superare indenni le numerose insidie disseminate nel lavoro ciakovskiano. Senza dimenticare poi la sublime e struggente “canzonetta”, il cui raffinato tema melodico, deve essere rivissuto da solista e orchestra con particolare adesione espressiva per comunicare appieno l’intrinseca atmosfera crepuscolare che vi si respira. Dogadin, pur non possedendo uno strumento firmato (tipo Amati o Stradivari, per intenderci) ha offerto del concerto una lettura di notevole intensità e partecipazione; da rimarcare soprattutto il secondo e terzo movimento, dove anche grazie all’intesa con Mastrangelo e l’orchestra barese (apparsa in buona forma), Dogadin ha messo in luce tutti i numeri d’eccellente virtuoso. E’ noto che la gloriosa scuola violinistica russa mieta ogni anno decine, se non centinaia, di talenti che poi girano il mondo in cerca di fortuna e successi. Dogadin ci pare possa inserirsi a pieno titolo in questa pur folta schiera. Dalla sua, non dimentichiamolo, possiede l’incomparabile freschezza dei suoi diciannove anni. Se saprà gestirsi con intelligenza e continuare a studiare con la necessaria umiltà, potrebbe diventare già molto presto un nuovo asso dell’archetto, tipo Vengerov e Repin. A Bari è stato accolto con entusiasmo che lui ha ricambiato bissando una bella fetta del rutilante tempo finale del concerto.
Nella seconda parte poi, Mastrangelo e l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari hanno riletto con lodevole chiarezza e buona precisione la Quinta sinfonia di Ciaikovskij. Il direttore barese ne ha offerto un’interpretazione vicina all’ottica temirkanoviana, giocando su dinamiche variabili, improvvise accensioni ritmiche, “ritardandi” e “crescendi” talvolta, in verità, un po’ arbitrari, cantabili e al contempo frementi ripiegamenti intimistici, come nello stupendo tempo lento. Esemplare, in particolare la lettura del terzo movimento – in tempo di valzer – dove sono emerse con evidenza le sue eccellenti qualità di concertatore. Successo caloroso e meritato. Intanto, il sovrintendente Vaccari mi ha confidato che per la prossima stagione, se tutto va bene, saranno almeno tre le grandi orchestre ospitate dalla Fondazione. Lo speriamo di cuore, come speriamo anche che per il 2008 si possa davvero tornare (“a casa”) nel rinnovato Auditorium “Nino Rota”, prima ancora che al Teatro Petruzzelli, per ascoltare questi e altri significativi concerti.
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