blog di informazione e critica musicale a cura di Alessandro Romanelli

lunedì, giugno 25, 2007

Adam Neiman è davvero il nuovo Horowitz?

Quando la dottoressa Isabella Puccini, attuale agente del giovane pianista americano Adam Neiman (nella foto), mi ha scritto un paio di settimane fa dagli Stati Uniti, pregandomi di intervenire al concerto leccese in programma sabato 23 giugno, vi confesso che sono rimasto un po’ perplesso per una serie di motivi. Il primo, perché oggi giorno attraverso la posta elettronica può arrivarti davvero di tutto (dall’esortazione all’acquisto di un formidabile e risolutivo viagra sino alle vincite milionarie nelle lotterie di mezzo mondo). Secondo, non conoscendo Isabella di persona o di fama, ho persino pensato al tiro burlone di qualche vecchio amico. Quando poi, va detto, sempre la predetta Isabella mi ha garantito che avrei ascoltato una sorta di giovane Vladimir Horowitz redivivo, ho immediatamente sentito come un sussulto per tutto il corpo. Quante volte mi hanno esortato in questi venticinque anni di…“marciapiede” (come direbbe il mitico Paolo Isotta) ad ascoltare “nuovi” Rubinstein, “nuovi” Benedetti Michelangeli, “nuovi” Pollini, “nuovi” Karajan, “nuovi” Kleiber e mi trovavo poi di fronte, se tutto andava bene, solo a pallide imitazioni di quegli ineguagliabili originali. E poi, mi chiedevo: perché voler trovare a tutti i costi i cloni di un compositore, o peggio, di un interprete? Ci saranno ragioni promozionali. Pompiamo, o meglio, enfatizziamo quel tal compositore, pianista o direttore d’orchestra e poi…si vedrà ;-) Ecco dunque lo stato d’animo con cui sono andato al concerto di sabato scorso al Paisiello. Adam Neiman è senz’altro uno straordinario virtuoso e l’ha dimostrato vincendo prestigiosi concorsi, apparendo nelle sale da concerto più importanti del mondo, incidendo alcuni eccellenti dischi: ma bastava tutto questo per essere già considerato il nuovo Horowitz? No, di certo. Il programma che ha presentato a Lecce l’altra sera, era poi di quelli da far accapponare la pelle. In sala qualcuno (non faccio nomi, nemmeno sotto tortura) ha sibilato: “Ma chi sarà mai questo pazzo che in una sola sera mette insieme la Suite Inglese n.2 di Bach, Jeux-d’Eau e Sonatine di Ravel, tre Etudes-Tableaux di Rachmaninoff e (udite, udite) i Quadri di un’esposizione di Mussorgsky?” Ci vuole coraggio e il nostro Adam ha subito dimostrato di averne a iosa. Il suo Bach è stato prodigioso: accarezzato con la perfezione e la maestrìa dei grandi, oltre ad una partecipazione emotiva sempre più rara oggi giorno tra i cosiddetti pianisti “bachiani”; ancor più sensazionale il Ravel del Jeux-d’Eau, con quella straordinaria mano destra che scorreva sui tasti con liquida e plasmata morbidezza. I tre Etudes-Tableaux (numeri 1-2-8 dell’op.39) di Rachmaninov, rivissuti con somma eleganza, hanno evidenziato in lui anche quella naturalezza espressiva davvero disarmante, di cui ho letto in alcune riviste specializzate inglesi e americane. Il piatto forte della serata era però costituito dai Quadri di un’esposizione”, trasformati negli Anni Venti in smagliante capolavoro sinfonico da quell’impareggiabile “Mago del Suono” che era Maurice Ravel. Adam Neiman li ha riletti con fuoco primitivo e la spettacolare ridondanza di una pagina sinfonica. Non stava cioè suonando un pianoforte, ma un’intera orchestra, quella probabilmente di Ravel. Un’interpretazione indubbiamente suggestiva, giocata su forti accenti, improvvisi contrasti, stellari velocità (a tratti quasi parossistiche). C’era tanto temperamento, ma anche una bella dose di sana e ingenua gioventù in quest’esecuzione di Neiman dei Quadri mussorgskiani. Ci può stare, eccome se ci può stare. Chissà, a proposito, cosa ne avrebbe detto proprio lui, se fosse ancora vivo, il “Grande Vecchio degli 88 tasti”? Eppure, scherzi a parte, dopo il concerto, invero applauditissimo, ho scambiato alcune battute con il giovane Adam e mi sono reso conto di avere di fronte una bella persona davvero con una dote straordinaria, che potrebbe portarlo presto vicino ai leggendari virtuosi del passato: l’umiltà. Per cui gli auguro di cuore che tra molti, anche moltissimi anni un giovane studente di pianoforte possa dire al suo insegnante: “Maestro, un giorno mi piacerebbe diventare il nuovo Adam Neiman!”

1 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Non molto tempo fa ero in macchina guidando sulle strade secondarie toscane ed, essendo sola, decisi ad accendere la Rete Toscana Classica sulla radio. Sono musicista e fortunatamente ho potuto assistere a molti concerti e recital di grandi pianisti dal vivo però devo dire che mi interessa pochissimo ascoltare pianisti addesso in quanto sono sposata con uno di loro!
Accendo la radio e non credo, come si dice, alle mie orecchie. Sento suonare un pezzo di Rachmaninoff ma non so chi sta suonando. Con tutto rispetto per le persone religiose mi sono detto che questo è dio che suona! Invece era Adam Neiman che non avevo mai sentito nominare. Anzi, mi sono fermata per poter scrivere il nome. Mi sembra che tutto quello che si dice della sua bravura sia vero e forse non basta. Secondo me, è un modo di suonare che non ha tanto a che fare con i pianisti del passato. Ha uno stile (ho sentito soltanto il suo CD fatto a Miami dal vivo) tutto suo e molto invidiabile per motivi di suono, musicalità (come si dice in italiano?), memoria e precisione. Non capisco, in ogni modo, come mai non suona in posti o con direttori ed orchestre più "importanti". Sarà, per caso, troppo bravo e di consequenza da fastidio ai pianisti già inseriti??

7:37 PM

 

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