blog di informazione e critica musicale a cura di Alessandro Romanelli

lunedì, giugno 11, 2007

Un Attila da ricordare chiude in bellezza la stagione della Fondazione Petruzzelli

Si è felicemente chiusa ieri sera con la replica dell’Attila di Giuseppe Verdi, in forma di concerto, la stagione di opere, balletti e concerti 2006/07 promossa e organizzata dalla “Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari”. L’ultimo atto del cartellone è andato in scena presso lo Spazio 7 della Fiera del Levante (nella foto di Vito Mastrolonardo il momento finale dei ringraziamenti), dove annualmente si inaugura la nota campionaria barese. La Fondazione ha allestito per l’occasione all’interno del maestoso padiglione fieristico un’efficace camera acustica, che ha dato complessivamente ottimi risultati. L’Attila è stato diretto da Renato Palumbo, alla guida dell’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari e del Coro della Fondazione Petruzzelli (preparato da Franco Sebastiani). Nel cast vocale c’erano Michele Pertusi (Attila), Giovanni Meoni (Ezio), Andrea Gruber (Odabella), Gustavo Ariel Porta (Foresto), Gianluca Floris (Aldino) e Pietro Naviglio (Leone). L’opera verdiana non era stata mai eseguita a Bari. Della vasta produzione giovanile del genio di Busseto l’Attila è certamente uno dei frutti più interessanti. L’orchestrazione possente nell’uso talora accentuato di ottoni e percussioni, pare già però più equilibrata, rispetto per esempio al Nabucco; anche lo stile musicale e i temi narrativi (il libretto, da alcuni critici e musicologi definito “sciagurato” appartiene a Temistocle Solera, ma venne poi in effetti completato da Piave e Maffei) risultano, almeno in nuce, già quelli che il compositore svilupperà nei capolavori successivi e della grande maturità, a cominciare dal Macbeth. Un’opera dei cosiddetti “anni di galera”, come lo stesso compositore definì il periodo tra il 1842 e il 1850, e cioè quello legato ai lavori operistici che precedevano la celeberrima trilogia composta da Rigoletto, Trovatore e Traviata. Si trattava di ben quattordici opere liriche, tra cui la prima versione del succitato Macbeth e la Luisa Miller. Un’opera-laboratorio e/o “sperimentale” dunque, questo Attila, che ha bisogno per un'adeguata resa di interpreti (direttore, cantanti, coro e orchestra) tutti all’altezza della situazione. A Bari l’obbiettivo è stato raggiunto in pieno con l’esecuzione (solo però in forma di concerto) affidata ad un direttore bravo e capace come Renato Palumbo, attuale Generalmusikdirektor alla Deutsche Oper di Berlino, e ad un cast vocale di livello internazionale, nel quale va segnalata la prova strepitosa di Michele Pertusi, basso di classe cristallina e straordinaria vocalità, già pronto a mio sommesso parere (dopo tanto Mozart e Rossini) per altre “scommesse” verdiane. Valida, se si eccettuano un paio di ineleganti forzature nel registro medio e acuto, l’Odabella del soprano americano Andrea Gruber, alle prese - si sa - con una tessitura notoriamente impervia; se la cavano infine ottimamente Gustavo Ariel Porta (Foresto), Giovanni Meoni (Ezio), Gianluca Floris (Uldino) e Pietro Naviglio (Leone). L’Orchestra della Provincia e il Coro della Fondazione hanno poi offerto, sotto la guida preziosa di Palumbo, una prova davvero maiuscola. Merito anche di un’acustica apprezzabile che ha messo in luce le qualità di tutti gli interpreti. Alla fine, meritate ovazioni soprattutto per Pertusi e Palumbo. L’opera è stata intanto registrata da Rai Radio Tre e sarà trasmessa in estate.

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