Amarcord in salsa barese
Appena sette anni fa si festeggiava il bicentenario dalla sua morte. All’epoca il compositore barese Niccolò Piccinni continuava principalmente ad essere ricordato dai suoi concittadini, salvo rare eccezioni, soprattutto per la centralissima e trafficatissima via a lui intitolata, per il teatro chiuso per inagibilità e per la statua ubicata in Piazza Massari. Poco o nulla, la maggior parte dei baresi sapeva della sua vita e delle numerose opere musicali che aveva lasciato. Riflettendo su quel dato per me sconvolgente, nel 1999 inviai a diversi quotidiani, settimanali e riviste musicali locali e nazionali una lettera, dove tra l’altro invocavo qui a Bari nella città “senza teatri” o dei “ruderi” se preferite, la nascita di un Festival intitolato al più grande nostro operista. Proprio ieri nel classico cassetto dei ricordi l'ho ritrovata. La lettera fu gentilmente pubblicata il 6 marzo 1999 dalla Gazzetta del Mezzogiorno e intitolata in modo altisonante: FACCIAMO GIUSTIZIA A PICCINNI. Eccone uno stralcio:“….Segnalo sulla Gazzetta del 1° marzo un bell’articolo della professoressa Micelle Sajous D’Oria sull’arte musicale del nostro operista Piccinni (mai troppo compianto dai suoi concittadini) in gran spolvero in quel di Parigi, grazie all’ottimo lavoro di due eccellenti musicologi e musicisti che rispondono rispettivamente ai nomi di Dinko Fabris e Antonio Florio: bravissimi! Approfitto di questa mia missiva per esortarli entrambi ad organizzare finalmente quel festival Niccolò Piccinni (magari all’interno del Castello Svevo - in attesa dell’agognata e sempre più insperata riapertura del Teatro Piccinni – come accadde per l’allestimento pregevolissimo della Finta Cameriera dello “zio Latilla”), che la città di Bari aspetta come una sorta di riscatto dagli anni terribili e bui per una cultura musicale messa al bando, oserei dire emarginata a discapito di tanti giovani, loro soprattutto, danneggiati da quel maledetto incendio del Petruzzelli il 27 ottobre 1991; quest’ultima, data-simbolo nella quale la città di Bari ha ricevuto una coltellata al cuore gravissima (…). Il 2000 è alle porte. Speriamo porti consiglio a coloro che hanno in mano il telecomando della città. A buon intenditor…” La risposta a quella lettera del direttore della Gazzetta, Lino Patruno, o chi per lui, fu la seguente: “Passiamo la proposta agli interessati, condividendola subito. Il senso di identità di una città si rafforza valorizzando ciò che di meglio la città possiede: non ultimi i suoi personaggi più autorevoli. Come Niccolò Piccinni è, ancorché bistrattato dai suoi concittadini. E’ l’occasione per riparare.” Non certo per merito di quella missiva (ci mancherebbe pure…) dopo pochi mesi, grazie all’ intervento dell’Assessore alla Cultura dell’epoca, Pinuccio Tatarella, il Piccinni fu riaperto dopo lavori urgenti e l’anno dopo, si tennero le celebrazioni del bicentenario nella casa natale del compositore debitamente restaurata, in Vico Viscardi e in Vallisa, coronate poi a novembre da una pregevole edizione della sua bellissima Cecchina. Cecchina che proprio ieri sera (la foto dell'allestimento è di Vito Mastrolonardo) abbiamo felicemente riascoltato, grazie alla Fondazione Petruzzelli e al Festival Mousiké, in un teatro Piccinni esaurito in ogni ordine di posti. Segno che nel frattempo i baresi hanno imparato a conoscere e ad amare sul serio il loro compositore. Prima o poi scoccherà (anche) l’ora di un festival a lui dedicato? Che ne dite?
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