blog di informazione e critica musicale a cura di Alessandro Romanelli

lunedì, febbraio 23, 2009

Stasera in Vallisa l'Accademia dei Cameristi propone musiche di Martinu, Novak e Dvorak

Questa sera, alle 20.30, l'Accademia dei Cameristi propone a Bari in Vallisa un interessante concerto di musiche di compositori slavi. Protagonisti la violinista Anna Pugliese, il violoncellista Nicola Fiorino (nella foto) e il pianista Francesco Basanisi. Eccovi di seguito la guida all'ascolto del programma di sala puntualmente tracciata dalla professoressa Detty Bozzi del Conservatorio "Niccolò Piccinni" di Bari. "Il termine francese bergerette indicò un componimento poetico-musicale, derivato dal rondò, praticato nel corso del ‘400; il genere era strutturato secondo l’alternanza di refrain (ritornello), una sola strofa e refrain conclusivo. La fortuna del genere non fu duratura: difatti nel secolo successivo si preferì adottare la chanson. Nel corso del XVI secolo bergerette è anche una forma di danza strumentale in ritmo ternario e in movimento rapido ed inoltre un’aria o canzone strofica di argomento pastorale. Ci sembra che il compositore boemo Bohuslav Martinu si sia ispirato alle atmosfere vivaci delle bergerettes strumentali rinascimentali, quando nel 1939 mise in opera le sue Bergerettes H 275. Nel 1939 il musicista era residente a Parigi (Martinu studiò due anni con A.Roussel) e purtroppo dopo il 1940 gli eventi bellici lo costrinsero a trasferirsi negli Stati Uniti. Il linguaggio musicale di Martinu è fresco, ricco ed avvincente; il suo catalogo di musica da camera è florido ed interessante. Certo non mancarono al compositore doti creative impeccabili e fantasia: come è possibile ascoltare nei cinque movimenti delle Bergerettes, gli impulsi ritmici prevalenti rendono unitario il percorso dei tre strumenti. Precisione, vivacità e semplicità lirica costituiscono gli elementi di uno stile grazioso e piacevole. Del tutto differente l’effetto sonoro del Trio quasi una Ballata op. 27 di Vítezslav Novák, compositore di area céca (in effetti poco eseguito è il suo repertorio). Figlio di un medico, Novák compì a Praga studi musicali (fu allievo di Dvorák) e studi giuridici. Si dedicò completamente alla musica ed infatti insegnò composizione a Praga fino al 1939. Il modello compositivo prescelto fu quello brahmsiano (gli echi presenti in questo Trio sono espliciti). Ben presto Novák si dedicò al folklore moravo e céco e fu affascinato dalle suggestioni naturalistiche del poema sinfonico. Il Trio op. 27 appartiene alle opere della sua maturità: fu composto nel 1902 e definito dallo stesso “frutto del pessimismo baudelairiano più nero”. E’ interessante notare che l’opera è in un solo grande movimento in re minore. Si individuano comunque almeno quattro sezioni: un Andante tragico originato da un tema popolare lirico e melodicamente ampio seguito senza cesure da un Allegro burlesco quasi Scherzo sottilmente ironico e derisorio. Il ritorno dell’Andante tragico prepara una straniante atmosfera lunare, che confluisce in un Allegro drammatico: l’epilogo ripresenta un doloroso Andante che secondo le indicazioni presenti in partitura (“diminuendo e allargando”, “morendo”) conclude su un accordo (vuoto) di re in dissolvenza sonora (“più che pianissimo”). Sembrerebbe confermata la considerazione che questo Trio op. 27, insieme al Trio op. 15 di Smetana ed al Trio op. 90 di Dvorák cosituirebbero la terna regale delle composizioni di area slava per tale organico. Il programma offre, nella seconda parte, il Trio n. 2 in sol min. op. 26 di Antonín Dvorák: fu composto nel gennaio 1876, subito dopo la morte della prima figlia del compositore (la piccola Josepha visse soltanto per due giorni). L’opera è più malinconica che disperata; il carattere prevalente consiste nell’alternanza di tono maggiore e tono minore (un ricordo di Schubert) in un impianto tipicamente romantico.
La tonalità di sol minore si annuncia intensa nell’Allegro moderato iniziale: un vasto e variegato movimento, caratterizzato dalle volute melodiche degli archi e dalla accorata partecipazione del pianoforte. Il secondo movimento, un Largo di profonda cantabilità, ci riporta allo stile beethoveniano: la tensione emotiva si rischiara negli accordi conclusivi in mi bemolle maggiore.
Nello Scherzo in tempo ternario la scrittura si alleggerisce, mentre si intensifica la velocità in prossimità del Presto che precede il Trio, basato su un ingenuo tema di ninna-nanna. Dopo la ripresa dello Scherzo iniziale si passa all’ultimo movimento, un Finale, che usa un Rondò in forma-sonata e che gioca sull’alternanza di tonalità maggiore e minore e sull’insistenza di un ritmo di polka affidato al violino, poi al violoncello e di seguito al pianoforte. L’opera si conclude festosamente in un corale e tumultuoso sol maggiore: un segno della volontà della vita che trionfa sui tragici destini degli uomini.

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