"A proposito di Ravel" di Corrado Roselli
"Casa Giannini, in via Sparano 172, è certamente diventato uno dei salotti culturali più accreditati della città di Bari. Prova certa ne è stata la bellissima serata offerta al folto ed appassionato pubblico, che giovedì 21 gennaio scorso ha assistito alla presentazione dell’interessantissimo libro "Ravel e l’anima delle cose" di Enzo Restagno, edito da “il Saggiatore”. Introdotto dagli autorevoli interventi di Giuseppe Farese, Dinko Fabris e Fiorella Sassanelli, l’Autore ha parlato, con intima emozione ed affabile tocco, della lunga genesi del suo lavoro, durata circa 20 anni. Pieno di passione l’insegnamento di Restagno: innamorarsi di un’idea, di un personaggio, di un progetto, e coltivarlo nel tempo, con amore, in maniera tenace ed ostinata, rimanendo fedeli a se stessi e cercando rifugio in quell’idea in tutti i momenti, belli e brutti, della vita. Questo è stato il caso dell’incontro con Maurice Ravel: conoscenza dei documenti biografici, soprattutto dell’epistolario, della luce dei paesaggi baschi, del flusso di umanità che si sforza di dare voce all’anima delle cose. Restagno ci ha parlato dell’uomo-Ravel, sempre elegante, sempre apparentemente poco coinvolto, sempre pronto a sfidare l’impopolarità, destinato a sottoscrivere l’aforisma di Jean Cocteau: “Quello che il pubblico ti rimprovera, coltivalo, perche sei tu stesso”. Attraverso brevi ma incisive pennellate, Restagno ci ha fatto conoscere lo straordinario percorso del compositore francese: dai ripetuti e falliti tentativi di aggiudicarsi il Prix de Rome, dal rapporto con l’editore Durand, dall’esperienza americana e dall’incontro a New York con Gershwin, fino alla fine della sua carriera e della sua vita, legata all’afasia musicale, definita dai neurofisiologi “amusia”, che impediva a Ravel di comporre, nonostante avesse ancora, come lui stesso diceva, “tanta di quella musica in testa”. E’ stata sottolineata l’assoluta modernità del compositore che, nell’ideazione di una nuova opera, pensava in primo luogo alla rigorosa struttura di base, allo scheletro ritmico, quasi fosse un meccanismo svizzero, che poi si riveste di note, di musica. Ironicamente, a chi gli chiedeva quale fosse la sua composizione più importante, Ravel rispondeva: “Bolero! Peccato che sia completamente privo di musica…”. Nel corso della presentazione del libro, nulla poteva essere più esplicativo della genialità musicale di Ravel che l’esecuzione della sua Sonata per violino e pianoforte del 1927, impeccabilmente interpretata dal violinista Francesco D’Orazio e dalla pianista Rosanna Giove. Mi piace terminare con le parole di Restagno tratte dalla sua introduzione al libro: “Coabitare per vent’anni con un compositore e con la sua opera è un’impresa che può dare un senso alla vita; mi rendo conto che quella che viviamo oggi non è troppo in sintonia con esperienze di questo genere, tuttavia i presupposti di impegno e di fedeltà necessari per un così lungo viaggio non sono affatto, esistenzialmente parlando, moneta scaduta”. CORRADO ROSELLI
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