Dal 15 luglio prende il via a Martina Franca il 36° Festival della Valle d'Itria
Fedeltà allo spirito originario della manifestazione, allargamento e approfondimento degli orizzonti di ricerca sul repertorio del grande teatro musicale barocco e del Novecento costituiscono le linee ispiratrici del XXXVI Festival della Valle d’Itria, in programma a Martina Franca dal 15 luglio al 4 agosto 2010, con l’intento altresì di rendere omaggio ai 700 anni, che la città si appresta a celebrare. Il cartellone, presentato oggi in una conferenza stampa alla Regione Puglia alla presenza, del presidente Franco Punzi, del nuovo direttore artistico Alberto Triola, dell'assessore al Mediterraneo e al Turismo Silvia Godelli, oltre che di numerose personalità politiche ed artistiche pugliesi, intende tracciare le linee di una dichiarazione programmatica (a partire dai tre principali titoli d’opera, che rappresentano in particolare gli ambiti culturali e di valore drammaturgico-musicale imprescindibili per il Festival: il Barocco, il Belcanto romantico, il Novecento) che troverà più ampi e ulteriori sviluppi nelle prossime edizioni. Cinque titoli d’opera, due concerti sinfonici, un concerto sinfonico corale sacro, cinque programmi cameristici, un premio Belcanto e una festa musicale angioina per celebrare i sette secoli di storia cittadina, oltre a una rassegna cinematografica di capolavori universalmente noti e di rare perle di cineteca: un totale di ventuno serate di musica, teatro, cinema. Ogni giorno uno spettacolo, per tutti giorni del Festival, e non solo nella tradizionale cornice di Palazzo Ducale. Inoltre: sette secoli di arco temporale tra la composizione più antica e quella più recente, con due commissioni per altrettante prime assolute. Tantissimi artisti ospiti, cantanti, direttori, registi, scenografi e costumisti, ma anche attori e strumentisti: il XXXVI Festival della Valle d’Itria porta a Martina Franca, in moltissimi casi per la prima volta, grandi nomi e celebrati protagonisti della musica e del teatro, accanto a tanti giovani talenti, italiani e stranieri, che sono le scommesse più emozionanti del mondo dell’opera lirica: Gabriele Lavia, Mariella Devia, Alfonso Antoniozzi, Elio De Capitani, Sonia Ganassi, Sergej Krilov, Tiziana Fabbricini, Roberto De Candia, Arturo Cirillo, Francesco Libetta, Rosetta Cucchi, Diego Fasolis e Giuseppe Grazioli sono soltanto alcuni dei protagonisti del prossimo Festival, e guideranno un gruppo di giovani artisti che approdano a Martina Franca - da sempre ribalta d’elezione per il lancio di grandi carriere – con la forza del talento e sulla scia di prove e debutti che già lasciano scommettere sul loro futuro. Il tutto nel segno del rapporto tra note musicali e parola, tra teatro e musica. Melologhi, Melodramen, monologues, songs e poèmes; dall’immagine cinematografica che ispira o che è ispirata dalla musica, al sorprendente incontro tra un genio della drammaturgia novecentesca e uno dei più fecondi e ispirati musicisti “per il teatro” del Novecento. E proprio con la riproposta di questo straordinario matrimonio artistico si apre il XXXVI Festival della Valle d’Itria: il 15 luglio con Napoli Milionaria! della coppia Eduardo De Filippo–Nino Rota, l’opera andata in scena, con la regia dello stesso Eduardo, al Festival dei Due Mondi, a Spoleto, nell’ormai lontano 1977, e da allora mai più riproposta. Si tratta della trasposizione in musica di uno dei testi eduardiani più popolari, densa di intensi valori drammatici sapientemente contrappuntati dalla ricchezza dell’invenzione musicale di Nino Rota (1911-1979). La scelta del titolo anticipa di un anno le celebrazioni del centenario della nascita del compositore milanese, legatissimo alla Puglia e a Bari, città che lo ha accolto per molti anni come direttore del Conservatorio, ma anche uno dei primi sostenitori del Festival della Valle d’Itria. A Martina Franca, proprio in quel 1977, il maestro Rota diresse la prima esecuzione delle sue “Liriche su testo di Rabelais”. La regia è stata affidata ad Arturo Cirillo, nome di spicco del teatro di parola napoletano, collaboratore per anni di Carlo Cecchi e Mario Martone, attore e regista pluripremiato, che vanta anche due Premi Ubu (2004 miglior regia, 2006 miglior attore non protagonista), reduce dal recente clamoroso successo nazionale quale regista e interprete di Jago in “Otello” di W. Shakespeare. Lo spettacolo, rispettoso del realismo richiesto dal testo eduardiano ma coerente con la sensibilità e il gusto del più limpido teatro contemporaneo del quale Cirillo è esponente di primo piano, avrà le scene di Dario Gessati e i costumi di Gianluca Falaschi. In un’opera che è di puro teatro musicale, il cast non può non tener conto delle precise indicazioni del libretto e delle esigenze del grande teatro eduardiano. L’inedita coppia Alfonso Antoniozzi (Gennaro Jovine) e Tiziana Fabbricini (Amalia), nomi di spicco tra i più preziosi talenti drammatico-musicali dei nostri giorni, guida un ensemble di cantanti-attori giovani e di grandi promesse. Sul podio, un elegante ed esperto interprete del teatro musicale di Rota, Giuseppe Grazioli. Replica il 17 luglio. Con il secondo titolo d’opera, il 18 e 20 luglio, Gianni di Parigi di Gaetano Donizetti (1797-1848), il Festival torna alla sua più consolidata tradizione, quella del repertorio belcantistico ottocentesco. Titolo ingiustamente poco noto e dalla genesi piuttosto complessa, ha avuto in tempi moderni un’unica ripresa, al festival donizettiano di Bergamo nel 1988, ma garzie a un potenziale meccanismo teatrale che alterna scene di irresistibile comicità a pagine di autentico virtuosismo vocale, ha i numeri per ambire a rientrare nel circuitio delle opere più amate dal grande pubblico. Verrà riproposta, per la prima volta, la versione andata in scena al Teatro alla Scala nel 1839, che presenta alcune sensibili differenze rispetto a quella ascoltata a Bergamo ventidue anni fa, a partire da un’Introduzione che sostituisce la sinfonia. Cinquantaquattro anni in due contano il direttore d’orchestra e il regista, Giacomo Sagripanti e Federico Grazzini. Il maestro Sagripanti, tra i più promettenti talenti direttoriali di oggi, invitato finalista al prossimo concorso internazionale di Cadaques, si è perfezionato sotto la guida di Donato Renzetti, Antonello Allemandi, Renato Palumbo, Gianandrea Noseda, Jorma Panula e Tamas Pal, negli ultimi due anni si è distinto alla Scuola dell’Opera Italiana del Teatro Comunale di Bologna; ha già diretto, tra le altre in Italia e all’estero, le orchestre del Teatro di San Carlo di Napoli e del Teatro Verdi di Trieste. Federico Grazzini, diplomato alla Scuola Paolo Grassi di Milano, si è distinto in produzioni di prosa di particolare interesse, affermandosi rapidamente per la fantasia e l’abilità nell’imprimere ritmo all’azione teatrale, come in occasione della recente produzione AsLiCo di Opera Domani, un “Haensel e Gretel” di grande successo. Le scene hanno il tratto cinematografico di Tiziano Santi, che ha disegnato le linee di un albergo decò di rara eleganza, mentre i costumi escono dalla fantasia di Valeria Bettella. Gianni di Parigi richiede un cast di assoluta affidabilità vocale e di grande charme scenico e teatrale. La coppia di giovanissimi protagonisti, Ekaterina Lekhina (vincitrice del Premio Operalia 2007) e Ivan Magrì, recente trionfatore ne I Puritani a Riga, possono garantire assoluta credibilità scenica alla Principessa di Navarra e al Delfino di Francia, e hanno i numeri per affrontare i virtuosismi vocali richiesti da Donizetti, specialmente quelli del funambolico Rondò, che affida al soprano l’apoteotico finale dell’opera. La coppia dei buffi vede fronteggiarsi l’esperto fuoriclasse del teatro buffo ottocentesco, Roberto De Candia con il giovane talento di Andrea Porta. Paola Gardina ed Elonora Buratto completano la loandina dell’opera anagraficamente più “giovane” dell’intero cartellone. Con l’ultima opera in cartellone, Rodelinda di Georg Friedrich Haendel (1685-1759), il Festival della Valle d’Itria salda un debito con la storia del teatro musicale. Si tratta infatti di un’autentica prima assoluta in Italia: a 285 anni dalla sua composizione, infatti, mai in Italia si era ancora messo in scena il capolavoro haendeliano, applaudito sui palcoscenici di tutto il mondo e considerato uno dei maggiori capisaldi del teatro barocco, accanto a "Tamerlano" e a "Giulio Cesare", l’unica opera di Haendel fino ad oggi rappresentata al Festival. Sarà anche la prima volta che si ascolterà l’edizione critica di Andrew V. Jones, ma un ulteriore motivo d’interesse è senz’altro il debutto haendeliano di Sonia Ganassi nella parte della protagonista. Il grande mezzosoprano italiano, una delle voci più preziose del panorama internazionale, celebrata per il temperamento drammatico-vocale delle sue interpretazioni rossiniane, belliniane e donizettiane, affronta per la prima volta nella sua carriera il teatro musicale barocco, e ha scelto Martina Franca per questo sorprendente e benaugurante battesimo. Al suo fianco, un cast di rare vocalità, a partire da quella di Franco Fagioli, controtenore argentino ospite dei principali palcoscenici del mondo, autentico poeta del canto barocco, fine e sensibilissimo fraseggiatore; i giovani e freschi talenti di Marina De Liso, Paolo Fanale, Antonio Giovannini e Gezim Myshketa completano la locandina. A firmare un Haendel che promette fantasia, vitalità, libertà espressiva e calore, è chiamata la bacchetta estrosa di Diego Fasolis, celebrato esperto di barocco musicale, insieme all’inventiva e alla sensibilità di Rosetta Cucchi, regista musicista, che anche con il recente successo dell’ Elisir d’amore al Teatro Comunale di Bologna ha dimostrato di saper cogliere e manovrare leve drammaturgiche e dinamiche psicologiche dei personaggi con rara sensibilità musicale e senso del teatro. Lo spettacolo, che ambienterà il dramma dell’eroica regina longobarda in un “medioevo prossimo venturo”, avrà le scene di Tiziano Santi e i costumi di Claudia Pernigotti. Le due esecuzioni sono previste a Palazzo Ducale il 2 e 4 agosto. Ai tre titoli d’opera si affiancheranno numerosi concerti, alcuni dei quali saranno anche replicati in altre città pugliesi. Due, quest’anno (uno in più della tradizione) gli appuntamenti sinfonici: il primo dedicato all’est europeo con Caikovskij e Dvorak, affidato alla bacchetta di Andrea Battistoni, ventitreenne veronese, rivelatosi nel giro dell’ultimo anno come uno dei talenti direttoriali puri più sorprendenti dell’ultima generazione italiana. Ha già alle spalle debutti prestigiosi con le orchestre delle fondazioni liriche di Verona, Trieste, Venezia e Napoli ed è atteso da diversi appuntamenti lirici e sinfonici. Il programma diretto dal maestro Battistoni prevede uno dei massimi capolavori della letteratura concertistica per violino, il Concerto in Re maggiore di Caikovskij, che la sera del 25 luglio avrà come protagonista d’eccezione il grande Sergej Krilov, per la prima volta ospite a Martina Franca. Completano il programma, la Polonaise dall’ Eugenio Onegin e la Sinfonia n. 8 di Antonin Dvorak. Il secondo concerto sinfonico presenta un impaginato di puro classicismo, con una preziosa rarità tardo barocca, uno dei più antichi esempi di melologo, il Pygmalion di Jiri Benda (1722-1795), mai eseguito in italia: la voce recitante sarà quella magnetica e soggiogante di un autentico mattatore del teatro italiano, Elio De Capitani, anch’egli al debutto martinese. Sarà anche l’occasione per ascoltare, per una volta in forma integrale, il capolavoro beethoveniano ispirato al dramma omonimo di Goethe: Egmont. Il ventitreenne soprano Valentina Corradetti, vocalità di non comune potenza e slancio, sarà guidata dal maestro Matteo Pais, giovane ma già esperto musicista e autorevole preparatore di voci in ambito operistico, che darà un’interpretazione certamente molto teatrale di due lavori sinfonici che si nutrono dell’alchemica simbiosi tra dramma e musica. Il tradizionale concerto di musica sacra, replicato nelle cattedrali pugliesi, è dedicato quest’anno ad Alessandro Scarlatti (1660-1725), uno dei padri della scuola napoletana, di cui ricorre il 350mo anniversario della nascita, autore ancora in attesa di una doverosa ricognizione. La scelta del programma è caduta su un capolavoro della maturità, quella grandiosa Messa di Santa Cecilia, scritta a Roma nel 1720 e dedicata al cardinale Ottoboni: si tratta di una messa concertante, per soli, orchestra d’archi, continuo e coro a cinque voci. Il lavoro è di ampie proporzioni e rivela pagine di altissima ispirazione, come l’Agnus finale che anticipa di un settantennio alcuni brividi del Requiem mozartiano. Il maestro Antonio Greco, esperto di repertorio barocco e monteverdiano in particolare, che si è messo in evidenza in questi anni soprattutto quale fondatore e direttore del Coro “Costanzo Porta”, ormai riconosciuto tra i maggiori complessi vocali barocchi, è stato chiamato a tratteggiare il complesso e suggestivo gioco di architetture sonore e di chiaroscuri che tra orchestra, coro e interventi solistici, rimandano alle volute architettoniche delle Chiese barocche romane, all’ombra delle quali Scarlatti compose questo capolavoro. Si tratta di una delle rarissime esecuzioni fino ad oggi effettuate di una partitura che ha tutte le caratteristiche per entrare nel repertorio corrente di musica sacra. Il concerto scarlattiano sarà eseguito per quattro serate, una delle quali (23 luglio) nella Basilica di San Martino a Martina Franca, le altre in sedi regionali in via di definizione. La grande Messa sarà preceduta dal mottetto Salve Regina. Anche quest’anno l’Orchestra Internazionale d’Italia e il Coro Slovacco di Bratislava saranno impegnati nelle opere e nei concerti sinfonico corali previsti dal cartellone. Sono invece cinque i programmi cameristici previsti, che ruotano su alcuni dei percorsi fin qui enucleati (Novecento, melologo, vocalità esplorata in diverse forme di relazione con la musica). Oltre alla musica del Novecento, la più significativa novità della XXXVI edizione del Festival della Valle d’Itria è l’avvio di un percorso programmatico di impegno per la musica contemporanea, con l’affidamento di ben due commissioni per altrettante prime assolute che porteranno il sigillo del Festival. Sono tre i concerti interamente dedicati al repertorio del XX secolo, e che formano il ciclo “Novecento e oltre”. Il 19 luglio è in programma il primo concerto della serie, che si affida al magistero attoriale di Gabriele Lavia, ospite d’eccezione del Festival, che con il pianista Pietro De Luigi, nella splendida cornice di Palazzo Ducale, darà voce a Enoch Arden di Richard Strauss. Il capolavoro straussiano, per ampiezza ed ambiziosità di costruzione, può essere posto tra gli esiti più significativi di tutta la storia del genere del melologo. L'opera, basata su un celebre poemetto del poeta inglese Alfred Lord Tennyson, fu eseguita per la prima volta a Monaco di Baviera il 24 Marzo del 1897, con enorme successo. Nella migliore tradizione del Melodrama germanico, il pianoforte illumina significati, allude a ciò che non è semplicemente detto, suggerisce e contraddice, in un gioco di raffinati rimandi e sottolineature, anche laddove gli interventi del pianoforte si limitano a poche folgoranti battute musicali, e davvero qui la scrittura pianistica straussiana penetra nei significati del testo con una pregnanza che sembra rivaleggiare con l'incomparabile modello dei Lieder schubertiani. La serata prevede l’esecuzione della versione integrale del capolavoro, nella bella ed efficace traduzione italiana di De Luigi stesso. Il secondo concerto del ciclo “Novecento e oltre” (in programma il 26 luglio) è dedicato al dialogo musicale interculturale. I Folk Songs di Luciano Berio, punto d’approdo dell’impaginato, esprimono infatti la più vasta sensibilità delle tradizioni popolari, e propongono un raffronto tra culture diverse e lontane, e riproducono fedelmente il carattere “autoctono” dei brevi canti strofici utilizzati, alcuni dei quali si rifanno al Mezzogiorno italiano, con esclusione della Puglia. Proprio come ideale completamento, si è deciso di affiancare al capolavoro cameristico di Berio un Divertimento folk per voce e strumenti, commissionato appositamente – con la collaborazione del Festival Urticanti - al compositore barese Mariano Paternoster, giovane musicista particolarmente impegnato sul fronte dell’integrazione musicale di materiali appartenenti a culture lontane, e con forte predisposizione al trattamento fantasioso di materiale etnico e folclorico; a Paternoster è stato chiesto di elaborare un canto popolare pugliese sull’identico organico cameristico di Berio; tale operazione si configura quale atto d’omaggio alla cultura della Regione che ha dato i natali al Festival di Martina Franca. Anna Malavasi e Zuzana Markova saranno le interpreti vocali della serata, mentre il maestro Ettore Papadia dirigerà un ensemble di strumentisti dell’Orchestra Internazionale d’Italia. Completano il programma di questa prima serata dedicata al Novecento due capolavori di Igor Stravinsky, altro autore emblematico del rapporto tra musica colta, ritmi, colori e modi popolari, dai quali ha attinto a profusione, modellandoli secondo una personalissima poetica costruttivista. I brani scelti accostano due poesie di Balmont, a tre brevissime liriche giapponesi, che sono strettamente correlate all’ultimo brano della serata: i Trois Poèmes de Stephanè Mallarmè, composti da Maurice Ravel durante il soggiorno effettuato con Stravinsky a Varese, nei pressi del Lago Maggiore. Lo stesso Ravel aveva espresso pubblicamente il desiderio che i suoi trois poèmes venissero eseguiti insieme alle “tre liriche giapponesi” dell’amico e collega sovietico. Il secondo concerto della serie “Novecento e oltre” (31 luglio) è invece dedicato alla musica e alla poesia francese. L’organico scelto – due pianoforti – è utilizzato con finalità espressive e con poetiche compositive assai differenti: di Francis Poulenc si ascolteranno la celebre Sonata in re e il Capriccio, tratto dal Bal masquè. La voce umana è presente anche in questo programma, piegata a esiti espressivi assai diversi tra loro e il cui accostamento non mancherà di sorprendere. Le bel indifferent di Marco Tutino, monologo lirico da Cocteau, si specchia infatti in una creazione di Raffaele Grimaldi, trentenne compositore allievo di Ivan Fedele che può già vantare una ricca esperienza internazionale, culminata in una collaborazione con l’Ircam di Pierre Boulez a Parigi e con la nomina a “composer in residence” presso la Schloss Solitude Akademie di Stoccarda per il biennio 2009-2011. A Grimaldi il Festival della Valle d’Itria ha affidato la seconda commissione dell’anno, un mélodrame per voce e due pianoforti sul poemetto Salomè di Apollinaire, testo che rimanda al capolavoro di Cocteau, in un gioco di specchiamenti reciproci tra deliri/nevrosi femminili e indifferenza/ascetismo maschile. Il duo pianistico Papadia/Rana con il soprano Zuzana Markova e il mezzosoprano Giuseppina Bridelli compone la locandina degli interpreti della serata. Il quarto concerto da camera si configura invece come omaggio a una delle glorie martinesi, quel Giuseppe Aprile che, dopo Senesino e Farinelli, entrò nella storia della musica come uno dei più ammirati castrati del XVIII secolo, e fu il prediletto di Jommelli. Il programma della serata (27 luglio) prevede musiche di Scarlatti e Jommelli, e di Aprile stesso, per soprano e contraltista – i giovani Silvia Frigato e Antonio Giovannini - , accompagnati al clavicembalo dal maestro Antonio Greco. Il quinto e ultimo concerto prende spunto da un’ulteriore novità della XXXVI edizione del Festival, l’istituzione del Premio del Belcanto “Rodolfo Celletti”, doverosamente dedicato alla memoria di uno dei padri putativi del Festival della Valle d’Itria, riconosciuto come uno dei massimi esperti di vocalità degli ultimi decenni. Per la prima edizione si è scelto di premiare la rappresentante più autorevole e acclamata del belcanto oggi in attività, il grande soprano Mariella Devia, che con la sua presenza impreziosisce la qualità dell’offerta artistica del cartellone, offrendo anche una personale interpretazione di una delle mazurke chopiniane adattate per voce da Pauline Viardot. La serata di Palazzo Ducale (1 Agosto), oltre alla consegna del premio da parte di Carlo Fontana, prevede un recital pianistico di Francesco Libetta, chopiniano di rango, che offrirà un programma monografico particolarmente affascinante, nel 200° anniversario della nascita del compositore polacco. Il Festival della Valle d’Itria intende procedere con un significativo impegno nel campo della divulgazione del patrimonio e del genere operistico tra il pubblico dei più giovani, e arricchisce questa iniziativa con la proposta, che da quest’anno diventa un appuntamento fisso, di produzioni affidate interamente a giovani talenti nella fase di avvio della carriera, stimolando la loro creatività in progetti particolarmente adatti allo scopo. Nasce così il progetto Opera Workshop, che già guarda al prossimo anno, con la nuova Accademia di perfezionamento per cantanti della Fondazione Paolo Grassi. Per quest’anno si è deciso di cogliere l’occasione del 300° anniversario della nascita di Giovanni Battista Pergolesi per proporre un inedito accostamento di uno dei due intermezzi buffi pergolesiani, Livietta e Tracollo, di rara esecuzione, con l’opérette di Jacques Offenbach Pomme d’Api. Il singolare dittico si colloca all’interno di una rete di collaborazione tra prestigiose istituzioni musicali italiane (che lega il Festival della Valle d’Itria alla Fondazione Teatro Comunale di Bologna, alla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, alla Fondazione Teatro Due di Parma e alla Fondazione Teatro Rossini di Lugo) a centri di alta formazione quali la Scuola dell’Opera Italiana di Bologna, l’Università IUAV di Venezia e il Progetto Sipario della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi. Al Festival della Valle d’Itria spetta la prima rappresentazione di Pommes d’Api, gustosissima piccola gemma offenbachiana, e dell’intermezzo pergolesiano Livietta e Tracollo. Il progetto è avvalorato da una tesi musicologica originale che fa risalire le origini dell’opéra comique francese proprio al genere dell’intermezzo buffo napoletano, per il tramite della versione francese del capolavoro pergolesiano, La servante maitresse, piegata agli usi e al gusto francesi (dialoghi recitati al posto dei recitativi intonati) da Pierre Baurans nel 1754. Tale progettualità si colloca compiutamente all’interno del percorso esplorato dal Festival 2010 intorno al rapporto tra parola, recitazione, canto e musica. Per la prima volta il grande cinema al Festival della Valle d’Itria: quattro serate di capolavori della decima Musa a Martina Franca, pellicole storiche inanellate in un’ideale cornice che racchiude i più significativi appuntamenti del cartellone: Napoli milionaria!, il celebre e popolarissimo film di De Filippo (1950) anticiperà l’apertura del Festival con una proiezione all’aperto (14 luglio) , nei Giardini della Villa Comunale, dedicata alla cittadinanza, come quella di My fair Lady, nella versione integrale e restaurata del 1964 (30 luglio). In seguito, nella sede della Fondazione Paolo Grassi, altre due serate saranno dedicate a opere storiche del cinema europeo, a partire dal cortometraggio muto del 1911 Enoch Arden di Griffith (arricchito con l’accompagnamento pianistico della musica di Strauss in forma improvvisata dal vivo), con il Cocteau/Demy de Le bel indifferent (1957), il 21 luglio, e il raro Pigmalyon di Asquith/Howard del 1938, la cui proiezione è in programma il 22 luglio. La celebrazione del 700° anniversario della fondazione angioina della Città di Martina Franca può diventare motivo di saldatura ulteriore tra il Festival e la città che lo ospita. Un articolato programma di manifestazioni musicali e spettacolari prenderà vita nelle strade e nelle piazzette del centro storico, nei cortili e nei chiostri, come nelle chiese cittadine durante le funzioni religiose, con cantate e toccate d’organo. In collaborazione con il Conservatorio “Tito Schipa” di Lecce si è ideato un programma tre due serate di musica di epoca angioina, sacra e profana, inclusa una funzione di vesperes intonati da cori di monaci benedettini.
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