Un Rossini insospettabile
Dopo le numerose notizie musicali di questo ricco scorcio finale dell’estate, è giunto finalmente il momento di occuparci di alcuni compact disc pervenuti nel corso di questi ultimi due mesi. Iniziamo dal godibile cd pubblicato di recente dalla Dad records e contenente le “Sei sonate a quattro per archi” di un Rossini ancora dodicenne. Ad interpretarle con raffinata sensibilità espressiva c’è in questo caso il Quartetto Rossini, che deve curiosamente la sua nascita ad una formazione analoga all’organico di queste solo apparentemente acerbe sonate rossiniane. Non il classico quartetto d’archi con due violini, viola e il violoncello dunque, ma un organico variabile, che in questo caso specifico prevede il contrabbasso al posto della viola. Ad animare questo eccellente ensemble ci sono Glauco Bertagnini e Kazuki Sasaki (violini), Luigi Puxeddu (violoncello) e Gabriele Raggianti (contrabbasso). La cronistoria delle sei sonate parte nel 1802 quando Giuseppe Rossini, noto anche come Vivazza, giunse a Lugo di Romagna, con al seguito la moglie Anna Guidoni ed il piccolo Gioachino. E fu proprio a Lugo che il futuro operista (osannato da mezzo mondo) ricevette “i primi principi di suono e di canto”. Le sei sonate qui eseguite, furono dedicate alla famiglia Triossi, nella cui casa di campagna ci si dilettava ad organizzare lieti concertini. Ecco come Rossini definì (sin troppo severamente) queste sue prime composizioni: “Sei sonate orrende, composte da me nella casa di campagna del mio amico e mecenate Agostino Triossi, a Conventello nei pressi di Ravenna, e questo nella mia più giovane età, senza aver neppure ricevuto una lezione di basso continuo. Esse furono tutte composte e copiate in soli tre giorni ed eseguite in modo (sic) cagnesco da Triossi al contrabbasso, Morini (suo cugino) al primo violino, il fratello di quest’ultimo al violoncello e io stesso al secondo violino, e per dir vero il meno cane…” Nel 1825 l’editore Ricordi avrebbe pubblicato cinque quartetti d’archi, con la viola al posto del violoncello, e quest’ultimo al posto del contrabbasso; si tratta di vere e proprie trascrizioni di cinque delle sei originali sonate a quattro. Pagine tutt’altro che orrende, ma davvero godibili e di sapore (oserei dire) schubertiano. Un Rossini già d’insospettabile leggerezza e soavità nonostante sia appena un ragazzino, in questo compact, ottimamente rivissuto e riletto dal Quartetto omonimo.
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