Sermonti e Dall'Ongaro ri-raccontano il Rigoletto verdiano
Le proposte musicali del Collegium Musicum diretto da Rino Marrone, giunto ormai al quindicesimo anno di vita sono state, attraverso le sue sempre più frequentate stagioni concertistiche, nel segno dell’originalità o, quanto meno, della riscoperta di compositori e lavori poco noti. Arricchire Bari, la città dove nel 1992 il Collegium è stato costituito, di novità esecutive contemporanee o talora direttamente commissionate a giovani compositori della musica d’oggi è stato sinora un preciso obiettivo, una sfida, una scommessa. In una città che dal 1991 (anno del malaugurato incendio del suo Teatro Petruzzelli) sopravvive, “piangendosi addosso” o galleggiando in un mare di apatica mediocrità pensando e discutendo (ma solo quello sinora) sulla cronica mancanza di spazi adeguati per la musica e per altre espressioni culturali più o meno nobili della stessa, il Collegium Musicum è stata una delle poche “isole” felici. E le ragioni sono almeno tre: 1) Perché produce in proprio e non distribuisce solo e passivamente gli spettacoli altrui; 2) Non vanta stellari contributi, come altri, da enti locali e sponsor; 3) Perché Rino Marrone ha acquisito con gli anni una familiarità e una dimestichezza interpretativa con un repertorio di compositori spesso trascurati (ma da lui giustamente amati) riportandoli alla luce e in ogni caso cercando sempre di ottenere un’intensa adesione espressiva e stilistica il più possibile vicina alla poetica e all’estetica di quegli stessi compositori. Il Collegium Musicum è diventato così nelle sue mani una creatura duttile e consapevole, anche con qualche limite talvolta (ma chi non ne ha?), in cui hanno trovato casa giovani musicisti talentuosi disposti a “viaggiare” con lui nella ricerca di lidi musicali che fossero possibilmente i meno scontati e accorsati. Il concerto di martedì scorso al Kursaal Santalucia di Bari dedicato a Verdi e al suo Rigoletto ne è stata una, se vogliamo, paradossale e al contempo significativa conferma. Infatti, in programma c’era non l’opera celeberrima nella sua nota integrità, ma il retaggio che l’ha caratterizzata negli ultimi decenni (anche con ammirevoli finalità divulgative) attraverso trascrizioni, rielaborazioni, parafrasi, fantasie e melologhi, come quello scritto nel 2001 per voce recitante e archi da Michele Dell’Ongaro “Gilda, mia Gilda (per non dire Rigoletto)” su testo e drammaturgia di quel grande poeta, scrittore, fine dicitore che è Vittorio Sermonti. Lavoro commissionato nel 2001 a Sermonti e Dall'Ongaro dalla Società dei Concerti Barattelli dell’Aquila - in persona del suo direttore Giorgio Battistelli – in occasione del centenario verdiano. Nella prima parte del concerto, quale corposo antipasto, c’erano naturalmente alcuni highlights rigolettiani per due soli clarinetti, rielaborati e trascritti da quel Benedetto Carulli illustre docente e professore d’orchestra nella Scala dell’Ottocento, che si dilettava a compiere numerosi adattamenti integrali di opere liriche, oltre che pregevole musica, per soli fiati. Melodie e pagine arcinote ( da “La donna è mobile” a “Caro nome”, da Tutto è gioia, tutto è festa” a “V’ho ingannato…colpevole fui”) rivissute dunque nello spirito più intimo e raffinato della musica da camera. Interpreti ne sono stati due eccellenti solisti del Collegium Musicum come i clarinettisti Giambattista Ciliberti e Mauro Altamura. Ancora più intrigante e originale il melologo di Sermonti-Dall’Ongaro (presente quest’ultimo), che grazie all’ interpretazione di quella straordinaria giovane, bella attrice-musicista che è Sonia Bergamasco (nella foto) ha regalato intenso spessore drammaturgico al godibile testo di Sermonti, musicato con garbata sensibilità “contemporanea” da Michele Dall’Ongaro; testo che narra con lucida ironia e un che di divertito, ironico incedere teatrale la storia (quasi) tragicomica di Rigoletto. Chi tra il pubblico (numeroso ma non…troppo) conosceva bene l’opera si è sicuramente divertito; chi invece, pochi in verità, la conosceva troppo poco o superficialmente non è stato in grado di cogliere, nè le umoristiche sottigliezze ermeneutiche del testo di Sermonti, né gli altrettanto gustosi e sbarazzini inserti musicali preparati da Dell’Ongaro e ha probabilmente deciso ad un certo punto di allontanarsi. Peccato. La Bergamasco era già lei, di per sè, uno spettacolo nello spettacolo, fasciata da un vestito strepitoso, ha astutamente giocato con la sua (sensualissima) voce come un autentico, vero strumento musicale, toccando corde drammatiche decisamente coinvolgenti. Fosse nata in Germania o in Austria sarebbe sicuramente diventata la "cantattrice" preferita di Wolfgang Rihm, Hans Werner Henze, o magari Karlheinz Stokhausen (ma non è ancora troppo tardi), qui in Italia lo è diventata dell’altrettanto grande Azio Corghi con cui ha lavorato alla sua ultima opera Il dissoluto assolto, su testo di Josè Saramago, andata in scena lo scorso anno al teatro Sao Carlos di Lisbona e ripresa a Milano dal Teatro alla Scala con la regia di Giancarlo Corbelli. Della Bergamasco che in questi ultimi anni ha vinto, tra l’altro, prestigiosi premi come attrice di cinema e fiction tv c’è poco da aggiungere, se non che oggi come oggi l’interprete della musica nuova ha nelle sue mani almeno il 50% del successo finale di quello che esegue.
Gli archi del Collegium Musicum di Marrone, dal canto loro, hanno svolto ottimamente il loro compito, ben sostenendo le virtuosistiche acrobazie, i gustosi arabeschi recitati e/o cantati, con accenti, a tratti, persino luciferini dalla brava Sonia. Successo caloroso e meritato, almeno di quelli (non pochi) che sono rimasti fino alla fine.
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