Matteo Bettinelli e la Società dei Concerti di Bari in un concerto da ricordare
La domenica pomeriggio può essere un momento quasi insolito, almeno qui a Bari, per recarsi ad un concerto. Meglio per taluni passare il tempo al cinema o in una scampagnata in provincia. E invece proprio domenica scorsa ho voluto provare l’ebbrezza di un concerto pomeridiano dal programma, peraltro, impaginato con indubbia originalità. Sul podio c’era un giovane direttore d’orchestra, Matteo Bettinelli che da più parti alcuni amici mi segnalavano da un bel po' di tempo.
Il concerto si svolgeva nel cineteatro Royal (dall’acustica, va detto, non disprezzabile), la stagione era quella organizzata con molti sacrifici economici e con encomiabile professionalità dal maestro Angelo Ragno e dalla sua Orchestra da camera “Società dei Concerti di Bari”, il cui organico è variabile ed elastico, ma pur sempre di buon livello.
In programma musiche di Ottavio De Lillo (Suite nostalgica per orchestra d’archi), Luigi Morleo (“Concerto per i popoli” per fisarmonica e orchestra d’archi, in prima esecuzione assoluta) e, dulcis in fundo, anch’esse incredibilmente in prima esecuzione assoluta qui a Bari, a distanza di ben sessantadue dalla prima esecuzione del Colegium Musicum di Zurigo il 25 gennaio del 1946, “Metamorfosi” (Metamorphosen, per 23 archi solisti, lugubre ma intensissimo commento alla catastrofe bellica).
Di eccellente fattura le prime due pagine ascoltate: l’una, di Ottavio De Lillo (1948 -2001), i cui lavori risentono notevolmente della poetica dei grandi musicisti del Novecento (in primis Shostakovich e Stravinskij) filtrata però attraverso un gusto raffinato ed una espressività ammaliante quanto personale, l’altra, del giovane compositore salentino Luigi Morleo che da alcuni anni sta provando, va detto, con eccellenti risultati un’armoniosa sinergia tra il mondo musicale cosiddetto “colto” e quello “extracolto” e cioè popolare, legato a radici culturali ed etniche ben definite. Al bel concerto di Morleo prendeva parte da par suo Francesco Palazzo, fisarmonicista di rango nazionale, che ha studiato, va detto, con il grande Salvatore di Gesualdo. Bravo Bettinelli a rendere con chiarezza le trame eleganti, talora dolcissime, talora malinconiche, del concerto di Morleo, come anche della splendida Suite nostalgica di De Lillo (quest’ultima meriterebbe, a mio avviso, un’incisione) e buona la prova dell’Orchestra barese, in entrambi i casi concentrata e attenta alle sollecitazioni dinamiche e agogiche del direttore. Il “piatto forte” della serata era però rappresentato dalle Metamorfosi straussiane. Il grande compositore tedesco qui ha saputo approdare con arte magistrale e solidissima ad una serenità senile, venata dalla profonda nostalgia di un mondo ormai scomparso: un lungo “adagio non troppo” il cui modello ricorda, da un lato l’ardito preromanticismo della Marcia funebre dell’ “Eroica” di Beethoven, dall’altro la crepuscolare e tristaniana “Verklarte Nacht” di Schoenberg. Rendere con precisione, coerenza e concreta partecipazione espressiva una pagina di tale complessità richiederebbe 23 professori d’orchestra eccellenti, appunto degli autentici solisti. Non posso, a questo punto, non segnalare la mitica interpretazione di “Metamorphosen” (vi assicuro: mette letteralmente i brividi) diretta da Herbert von Karajan con i suoi Berliner Philarmoniker, in un vecchio disco della gloriosa Deutsche Grammophon. Senza arrivare a paragoni improponibili, Matteo Bettinelli e la “Società dei Concerti” ci regalano un’esecuzione comunque pulita e dignitosa, con il merito e il coraggio, quello sì grandissimo, di essere stati i primi a suonare questo arduo, sublime capolavoro del Novecento a Bari. Successo caloroso da parte di un pubblico non numeroso, ma attento.
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