blog di informazione e critica musicale a cura di Alessandro Romanelli

martedì, aprile 20, 2010

Domani e venerdì prossimo la Fondazione Petruzzelli sarà al Valli di Reggio Emilia con la Cenerentola di Rossini

Mercoledì 21 e venerdì 23 aprile, alle 20.00, l’opera buffa rossiniana con l’Orchestra ed il Coro della Fondazione Petruzzelli, per la regia di Daniele Abbado, andrà in scena al teatro Valli di Reggio Emilia. Dopo il positivo debutto barese la coproduzione della “Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari” e della Fondazione “I Teatri di Reggio Emilia”, realizzata in collaborazione con il Teatro Lirico di Cagliari e l’Opéra de Nice, chiuderà la stagione lirica del Teatro Valli. Sul podio il maestro Evelino Pidò. A firmare le scene Gianni Carluccio, i costumi Giada Palloni, i movimenti coreografici Alessandra Sini. Maestro del Coro della Fondazione Petruzzelli sarà Franco Sebastiani. Al personaggio di Angelina darà vita Josè Maria Lo Monaco, Don Ramiro sarà interpretato da Maxim Mironov, Dandini da Roberto De Candia, canterà Alidoro Nicola Ulivieri, Don Magnifico avrà la voce di Paolo Bordogna, Clorinda sarà Eleonora Cilli, Tisbe Alessandra Volpe. Questa nuova produzione rafforza il legame tra il Petruzzelli ed il Valli dopo il successo di “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini e del “Midsummer night’s dream” di Benjamin Britten. "Liberata dai clichès magici e fiabeschi, la Cenerentola di Rossini, la quinta delle grandi opere buffe rossiniane, non conosce né fate né incantesimi che svaniscono allo scoccare della mezzanotte. Ciò che colpisce, di questa Cenerentola, è il fatto che la sua trasformazione non implichi magìe, ma sia un cambiamento del tutto interiore. La Cenerentola di Rossini appare come la trasformazione in chiave moderna del tema del monosandalismo, del piede nudo, ovvero della constatazione che è impossibile varcare ritualmente la soglia dell’altro mondo, con il passo ordinario, cioè con “tutti e due i piedi”. Un passaggio che porta a comprendere, per esempio, perché la Cenerentola di Rossini nel primo atto manifesti una sorta di perdita di identità. Un personaggio quasi sonnambulistico, che si domanda chi è. Ed in questo caso Rossini si rivela geniale perché allude, e solo allude, alla storia tragica di questa giovane orfana lasciata in cattive mani. Ma quando poi il personaggio compie la sua trasformazione, riuscendo a ricomporre il proprio sé confuso, viene fuori un profilo di grande statura. Si è cercato di portare l’ambientazione molto più vicina ai nostri tempi. Si è immaginato una grande scatola scenica più neutra, un grande spazio vuoto all’interno del quale però entrano degli oggetti scenici molto realistici: una cucina anni 1950, un divano. Questa scatola scenica è piena, invece, di invenzioni, ballatoi, scale. Anch’essa si trasforma, di continuo."

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