La toccante MESSA DEI POPOLI di Luigi Morleo eseguita con successo in Cattedrale a Bari
“Il nuovo millennio è diventato il simbolo degli scontri e delle divergenze etniche. L’avamposto dell’era globale è ormai allo stadio finale, non ci sono più idee sedimentate, ma palesi e radicali posizioni culturali. L’affermazione costante dei due mondi musicali, quello colto e quello extracolto, distrugge sempre di più una possibile visione totale e quindi allontana maggiormente la convinzione e la speranza di una musica unica, unico senso acustico organizzato dall’uomo. Se è possibile convivere con la diversità etnica anche la musica può e deve riuscire a convivere con le diversità senza scandali e senza refrattarietà alcuna. Se ci sono convivenze di diverse etnie e di diverse religioni devono esistere eventi culturali con differenti linguaggi senza perdere di vista l’integrità del proprio rapporto con la società.” Con questa pregnante e attualissima premessa Luigi Morleo, giovane ma già apprezzato compositore-percussionista pugliese sia in Italia che all’estero, ha dato vita al “progetto” di una Messa per i popoli con coro, quattro percussioni e organo eseguita proprio ieri sera nell’affollata, meravigliosa Cattedrale romanica di Bari, tornata agli splendori d’un tempo dopo il recente restauro che le ha finalmente restituito l’abbacinante luminosità originaria. La nuova Messa di Morleo, da lui stesso diretta, non determina come parrebbe di capire dalla suddetta premessa, una necessaria sinergia tra diversi generi e scuole musicali, ma cerca comunque di relazionare, o meglio ancora, sublimare le contraddizioni esistenti nella cultura “globalizzata” odierna attraverso uno stile, ora piano e discorsivo, ora acceso dall’intensità delle differenti percussioni adoperate, ora melodico e seducente nel salmodiare cantabile del coro, spesso sostenuto da folgoranti ripieni dell’organo. Il lavoro suddiviso in otto parti (Invito – Kyrie – Gloria – Ogni dono perfetto – Santo – Agnello di Dio – Corpo di Cristo – Alleluia), si avvale oltre che dei tradizionali testi liturgici, di quelli di Turoldo, Galliano e Ladisa. Una composizione di carattere (quasi) ecumenico che scorre con gradevole serenità e si fa apprezzare già al primo ascolto. Un suggerimento: non sarebbe una cattiva idea in un prossimo futuro quella di arricchirla ulteriormente con archi e fiati, per conferirle spessore fonico e sublime ieraticità. Un sincero e meritato plauso a tutti gli interpreti impegnati ed in particolare all’organista Don Maurizio Leggi e ai percussionisti Giuseppe Di Pinto, Giovanni Chiapparino, Michele Fracchiolla e Luca Lorusso. I Cori Vallisa e Florilegium Vocis sono stati ottimamente preparati da Don Antonio Parisi e Sabino Manzo.
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