Qui Barletta: il duo Piscitelli-Musti in concerto per l'associazione Atheneum
Domani 21 Marzo ci sarà un nuovo concerto della XI Stagione Artistica dell'Associazione Athenaeum di Barletta, come sempre alle 18,30 (porta) - 19,00 (inizio), presso la Sala Athenaeum in via Madonna degli Angeli 29. Di scena sarà il duo composto dal mezzosoprano Antonella Piscitelli (nella foto) e da Maria Musti al pianoforte. Le due musiciste, con alle spalle una solida carriera e unite da un'idea di ricerca di brani bellissimi e insoliti da affiancare alle perle più note del repertorio per una delle corde vocali più affascinanti, proporranno all'ascolto un programma che vede un capolavoro cameristico meno noto di un grande compositore come "La Canzone dei ricordi" di Giuseppe Martucci, accanto a brani ben più noti come la Seguidilla e la celebre Habanera , facenti parte della ben più nota "Carmen" di Bizet, e a una deliziosa aria tratta da "L'italiana in Algeri" di Gioachino Rossini: "Per lui che adoro". Bizet e Rossini sono ben noti come autori di musica spumeggiante e divertente; meno noto è Giuseppe Martucci, un musicista che, in Italia, in un’epoca di dominio assoluto del melodramma (era nato a Capua nel 1856), aveva il coraggio di proporsi come compositore di musica strumentale. Il piccolo Giuseppe si accostò al pianoforte, ricevendo i primi rudimenti musicali dal padre, trombettista in una banda, e a otto anni era già in grado di esibirsi in concerti, o ‘accademie’ di pianoforte, (come erano definiti all’epoca in Italia) che lo portarono un po’ dappertutto nei dintorni di Napoli e Caserta. Reinserire la musica strumentale italiana nel flusso della modernità fu, sin da bambino, la missione di Martucci, infaticabile divulgatore della musica sinfonica romantica, soprattutto di Beethoven, Schumann, Brahms, Wagner, nelle vesti di direttore d’orchestra, di didatta e di organizzatore di eventi. L’interesse per la musica strumentale - Martucci è tra l'altro autore di uno splendido Concerto per pianoforte e orchestra - non significò tuttavia disinteresse per la musica vocale. Anche in campo vocale, però, il compositore napoletano mise del suo per ‘aggiornare’ il panorama italiano. Se è vero che l’opera era il teatro della grande vocalità, ad essa faceva da contraltare nei salotti borghesi la romanza per voce e pianoforte, un genere che spesso scadeva nel patetico e nel banale. Nel resto dell’Europa la dimensione intima della musica vocale dell’Ottocento era affidata alla liederistica, genere che nei paesi di lingua tedesca conobbe un’epoca di splendore e un’ininterrotta tradizione che da Schubert attraversò il secolo con Schumann e Brahms, arrivando a cavallo dei secoli con gli struggenti lieder sinfonici di Mahler e Richard Strauss. I lieder tedeschi sono spesso inseriti in cicli, tenuti insieme da un filo conduttore. E’ nel filone del ciclo liederistico sinfonico che si inserisce La Canzone dei Ricordi, su versi di Rocco Pagliara, un poeta napoletano attivo nel campo del rinnovamento letterario della sua città. Come Martucci voleva svecchiare la musica italiana per inserirla di nuovo nella corrente più viva della musica contemporanea, così il Pagliara, attento alle voci che provenivano dall’Europa, si riallacciava alla poetica del Decadentismo. Le sue poesie, intrise di risonanze della parola che affondano le loro radici nell’intimo dell’uomo, ebbero una grande diffusione, ed una antologia di sue poesie fu pubblicata da Ricordi ad uso dei compositori che avessero voluto musicarle (tra coloro i quali approfittarono di questa disponibilità figurano Francesco Paolo Tosti e Pietro Mascagni). Nel 1887 Martucci si era appena trasferito da Napoli a Bologna, quando mise in musica i versi del Pagliara. Benché il titolo suggerisca una canzone unica, in realtà la Canzone dei ricordi, che aprirà il concerto di domenica, è un ciclo liederistico organizzato in sette canzoni, collegate sia nel testo che nella musica. Il tema di fondo dell’opera è il composto dolore di una donna che, circondata dalla natura, ricorda l’amore perduto. La settima canzone è un richiamo, abbreviato, della prima, e chiude in maniera circolare un percorso nel quale, dopo varie suggestioni, l’immagine dell’amato rimane un sogno indefinito che svanisce. Martucci dedicò la composizione ad una cantante modenese, Alice Barbi, molto apprezzata da Brahms e spesso interprete dei lieder del grande compositore tedesco. La versione originale della composizione è per mezzosoprano e pianoforte, ma — come fece per altre sue composizioni pianistiche — Martucci nel 1899 orchestrò il brano. Si tratta di una delle più belle composizioni del compositore capuano, ricca di sfumature melodiche e di accenti nostalgici, espressione allo stesso tempo della bellezza del canto italiano e della potenza espressiva raggiunta da Mahler; e proprio a quest’ultimo va spontaneo il pensiero quando si ascolta la Canzone dei ricordi, soprattutto nella versione orchestrale. Questa è un’ulteriore prova di come la musica di Martucci, oltre ad essere bella, sia perfettamente inserita nel panorama musicale contemporaneo; e non è poco, per un musicista nato in pieno Ottocento nella patria dell’opera.
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