La Traviata "ai giorni nostri" piace al pubblico del Petruzzelli
Sino al mese scorso La Traviata di Verdi al Petruzzelli, prevista a completamento della prima stagione nel rinato Politeama, era stata cancellata per mancanza di fondi. Poi qualche soldino è arrivato e si era pensato ad uno spettacolo in forma "semiscenica" (una sorta di ibrida via tra l'esecuzione in forma di concerto e quella tradizionale), mantenendo invariati regista e cast a suo tempo annunciati. Questo almeno fino ad una settimana prima dello spettacolo, quando la regista Elena Barbalich, d'accordo con il sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Petruzzelli Giandomenico Vaccari, ha realizzato in tempi strettissimi, una regia scenograficamente spoglia, o se preferite, essenziale. L'ambientazione storica del dramma di Dumas ripreso da Verdi viene, almeno a giudicare dagli abiti moderni (in parte forniti dalle boutique di Asselta, in parte disegnati dal costumista Tommaso Lagattolla), spostata ai giorni nostri. Una storia quella di Violetta Valery che si può senza scandalo, considerare "senza tempo", come tante altre del teatro lirico nostrano dell'Ottocento. Pochi gli elementi scenografici ideati dallo scenografo Damiano Pastoressa: un grande specchio al centro della scena e una decina di sedie nel primo atto e uno sfondo primaverile di fiori ondeggianti nel secondo, evidenziati da un discreto gioco di luci creato da Michele Vittoriano. Buono ci è parso il lavoro di regia della Barbalich sui movimenti dei cantanti solisti, mentre il coro restava abbastanza statico sul fondo. Qualcosa di più ci si aspettava dall'esecuzione musicale, date le premesse di un cast vocale (abbiamo ascoltato il primo dei due previsti nelle cinque recite in programma fino al 3 novembre) composto soprattutto da talentuose giovani voci. La Norah Amsellen è una Violetta di bella presenza scenica, ma non altrettanto vocalmente sicura. A limitarne la prestazione, oltre ad una dizione non sempre all'altezza, le non poche difficoltà incontrate nelle ardue agilità che il massacrante ruolo verdiano impone. Discreta la prova del tenore messicano Ricardo Bernal, un Alfredo dal timbro fresco e dall'acuto facile e naturale, anche se ancora un po' acerbo nell'articolazione del fraseggio. Luca Salsi, il più navigato del cast, è un valido Germont dalla vocalità generosa e nobile. Bene tutti gli altri, a cominciare da Chiara Fracasso nel ruolo di Flora. Non convince appieno la direzione musicale di Boris Brott (nelle prossime recite si alternerà sul podio con il nostro Giuseppe La Malfa): sin dall'incipit stacca tempi lenti, si trova talvolta in evidente ritardo con i cantanti e non "accende" quasi mai quel pathos indispensabile nei momenti topici (e sono un bel po') dell'opera. Ci pare che brilli di più come direttore sinfonico: e infatti in questo mese trascorso "in residence" con l'ottima Orchestra della Fondazione abbiamo avuto spesso modo di rimarcarlo. Buona, infine, la prova del Coro del Petruzzelli, preparato a puntino da Franco Sebastiani. Alla fine caloroso successo di pubblico, si replica sino al 3 novembre.
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