Noi, free-lance trattati come colf
Continuano le agitazioni dei giornalisti per il rinnovo del contratto di lavoro. Da tre giorni è ripreso il cosiddetto "sciopero delle firme" su molti quotidiani e telegiornali Rai e Mediaset. Oggi e domani tocca ai giornalisti di radio e tv astenersi dal lavoro. In seguito, ci saranno scioperi (a sorpresa) di stampa e internet. Cambierà qualcosa? Sinceramente ne dubito, ma continuo, continuiamo tutti a sperare e soprattutto a lottare. Sino a quando, però i nostri “amati” editori e i loro azionisti godranno - come ha ben ricordato il professor Giavazzi in un fondo apparso sul Corriere qualche giorno fa - di cospicui finanziamenti statali, potranno tranquillamente continuare a fregarsene (e alla grande) di tutto e di tutti. Non bisogna certo chiamarsi George Orwell per prevedere un futuro sempre più nero per i giornalisti, in particolare per coloro, i c.d. collaboratori free-lance, privi di tutela e talora pagati solo con pochi spiccioli ad articolo. Vi racconto la mia esperienza personale. Alcuni amici e conoscenti che solitamente leggevano i miei 2-3 articoli settimanali mi hanno chiesto perché dallo scorso giugno non firmo più sul Corriere del Mezzogiorno – Puglia, che è, per chi non lo sapesse, l’inserto locale del Corriere della Sera (non dunque un foglio di quartiere o un giornalino scolastico/universitario). Ecco la mia risposta: chi scrive ha “guadagnato” su quel giornale a fronte di oltre 800 pezzi consegnati (spesso superiori alle due cartelle, talvolta cestinati per mancanza di spazio e dunque non ricompensati) in 5 anni e mezzo, la “bellezza” di circa 2500 Euro lordi all’anno. Un pezzo di o superiore a 2000 battute viene infatti pagato la “bellezza” di 19,37 euro lordi (scrivendo quindi pezzi di 4000, 5000 o 6000 battute si ha la stessa cifra) e 6.50 euro (sempre lordi naturalmente) per i pezzi di misura inferiore. Chi scrive ha dunque sospeso ad libitum, dopo anni di intensa ma evidentemente poco gratificante collaborazione, il rapporto con quel giornale, comunicandolo tra l’altro al suo redattore di riferimento, almeno fino a quando non saranno stabilite tariffe dignitose e direttamente proporzionali al lavoro svolto in relazione con l’attuale costo della vita. In questi mesi ho invitato colleghi della "mia" come e di altre testate locali, che stanno anche decisamente peggio, a comportarsi allo stesso modo. Solo in pochi hanno però seguito il mio esempio. Forse per paura, o forse perché amano edonisticamente leggere la loro firma sul giornale, o forse perché adorano - morettianamente parlando - farsi del male, o ancora, più realisticamente, perché hanno ragionato seguendo il vecchio adagio: “Meglio l’uovo oggi che la gallina domani…”. Qualcuno forse, a questo punto, potrebbe dirmi: cercati un giornale che ti paghi meglio o rimettiti seriamente a esercitare la professione di avvocato. Voi che ne dite? Sono arrivato alla “bellezza” di 43 anni (da ventitré scrivo su quotidiani e roba simile) e dovrei ancora una volta abbassare la testa e arrendermi? No, meglio bloggare gratis ma almeno LIBERI, in attesa della...gallina.
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